martedì 11 ottobre 2011

Soliloquio

E' attraverso il “soliloquio”, il colloquio interiore, che il soggetto, dopo essere stato
spettatore e attore di se stesso, esprime un giudizio, ovvero diviene autore, e
quindi responsabile, delle proprie scelte e delle proprie azioni. Shaftesbury
interiorizza così la normatività morale interiorizzando l’autorità.
Comincia, dunque, – scrive Shaftesbury in alcune note intitolate Self – come
legislatore di te stesso (legislator to thyself), stabilisci quell’economia o repubblica
interiore (economy or commonwealth within), secondo quelle leggi che sai essere giuste, e
giura di non trasgredire mai ciò che hai così solennemente decretato e scelto per te stesso.
Taxon tiva ede charakter sauto [Comincia col prescriverti un carattere, Epitteto, Echiridion]
Colui che non è capace di darsi leggi proprie è guidato dall’esterno. Chi non è
in grado di assumere quella distanza dai desideri e dalle passioni necessaria per
riconoscere ciò che è bene per lui, secondo Shaftesbury, non è libero, ma
costretto all’eteronomia. L’agente razionale deve avere un principio interiore di
governo, quello che gli stoici chiamavano hegemonikon. Il colloquio interiore è
una tecnica di controllo delle passioni e dell’immaginazione...
  
Il dialogo è per Shaftesbury non solo un modello di
relazione con l’altro, ma anche del processo di autocoscienza. Sembra sussistere
tra questi due momenti una circolarità virtuosa: il conversare, il confrontarsi con
l’altro, favorisce la presa di distanza da se stessi e quindi il processo di
sdoppiamento del self; d’altra parte un dialogo riuscito presuppone attori che
siano in grado di esercitare quell’autocontrollo che nasce solo dal confronto
interiore, ovvero dal soliloquio. Il colloquio interiore è uno sdoppiamento
dell’io, una capacità di vedere se stessi come in uno specchio.
  
Conoscere se stessi e riuscire a mantenere coerenza nel tempo, ovvero a seguire
le regole che ci si è dati, è quanto Shaftesbury intende con avere “carattere”. La
politeness, come il decorum ciceroniano, è infatti la manifestazione esteriore di
quell’onestà che è data dalla coerenza rispetto al proprio carattere di individuo
razionale, ovvero dalla fedeltà che la persona manifesta nel proprio
comportamento rispetto alla propria natura individuale.
Il carattere non è una maschera ma è come un segno impresso sul viso, un segno
che assicura leggibilità, nella misura in cui i suoi tratti sono chiari e distinti, tali
da non poterlo confondere...

mercoledì 18 maggio 2011

Scacchi

I giocatori, nel grave cantone,
guidano i lenti pezzi. La scacchiera
fino al mattino li incatena all'arduo
riquadro dove s'odian due colori.

Raggiano in esso magici rigori
le forme: torre omerica, leggero
cavallo, armata regina, re estremo,
alfiere obliquo, aggressive pedine.

I giocatori si separeranno,
li ridurrà in polvere il tempo, e il rito
antico troverà nuovi fedeli.

Accesa nell'oriente, questa guerra
ha oggi il mondo per anfiteatro.
Come l'altro, è infinito questo gioco.


Lieve re, sbieco alfiere, irriducibile
donna, pedina astuta, torre eretta,
sparsi sul nero e il bianco del cammino
cercano e danno la battaglia armata.

Non sanno che è la mano destinata
del giocatore a condurre la sorte,
non sanno che un rigore adamantino
governa il loro arbitrio di prigioni.

Ma anche il giocatore è prigioniero
(Omar afferma) di un'altra scacchiera
di nere notti e di bianche giornate.

Dio muove il giocatore, questi il pezzo.
Quale dio dietro Dio la trama ordisce
di tempo e polvere, sogno e agonia?
(Jorge Luis Borges)