Soliloquio
E' attraverso il “soliloquio”, il colloquio interiore, che il soggetto, dopo essere stato
spettatore e attore di se stesso, esprime un giudizio, ovvero diviene autore, e
quindi responsabile, delle proprie scelte e delle proprie azioni. Shaftesbury
interiorizza così la normatività morale interiorizzando l’autorità.
Comincia, dunque, – scrive Shaftesbury in alcune note intitolate Self – come
legislatore di te stesso (legislator to thyself), stabilisci quell’economia o repubblica
interiore (economy or commonwealth within), secondo quelle leggi che sai essere giuste, e
giura di non trasgredire mai ciò che hai così solennemente decretato e scelto per te stesso.
Taxon tiva ede charakter sauto [Comincia col prescriverti un carattere, Epitteto, Echiridion]
Colui che non è capace di darsi leggi proprie è guidato dall’esterno. Chi non è
in grado di assumere quella distanza dai desideri e dalle passioni necessaria per
riconoscere ciò che è bene per lui, secondo Shaftesbury, non è libero, ma
costretto all’eteronomia. L’agente razionale deve avere un principio interiore di
governo, quello che gli stoici chiamavano hegemonikon. Il colloquio interiore è
una tecnica di controllo delle passioni e dell’immaginazione...
Il dialogo è per Shaftesbury non solo un modello di
relazione con l’altro, ma anche del processo di autocoscienza. Sembra sussistere
tra questi due momenti una circolarità virtuosa: il conversare, il confrontarsi con
l’altro, favorisce la presa di distanza da se stessi e quindi il processo di
sdoppiamento del self; d’altra parte un dialogo riuscito presuppone attori che
siano in grado di esercitare quell’autocontrollo che nasce solo dal confronto
interiore, ovvero dal soliloquio. Il colloquio interiore è uno sdoppiamento
dell’io, una capacità di vedere se stessi come in uno specchio.
Conoscere se stessi e riuscire a mantenere coerenza nel tempo, ovvero a seguire
le regole che ci si è dati, è quanto Shaftesbury intende con avere “carattere”. La
politeness, come il decorum ciceroniano, è infatti la manifestazione esteriore di
quell’onestà che è data dalla coerenza rispetto al proprio carattere di individuo
razionale, ovvero dalla fedeltà che la persona manifesta nel proprio
comportamento rispetto alla propria natura individuale.
Il carattere non è una maschera ma è come un segno impresso sul viso, un segno
che assicura leggibilità, nella misura in cui i suoi tratti sono chiari e distinti, tali
da non poterlo confondere...