giovedì 22 marzo 2007

Diritti

Due parole sui diritti innati e sul diritto naturale.
 
Se ne è scritta nei secoli un'immensa biblioteca e non sarò certo io a risollevare questa questione in un articolo. Soltanto qualche breve riflessione. Il solo, l'unico diritto innato deriva dall'ente, che esiste e vuole esistere. Nel caso della nostra specie quell'ente si chiama persona, quali che siano i tanti significati che si danno a questa parola. In latino persona significa maschera. Per noi significa individuo, infinitesima parte di una specie, anch'essa individuata tra la moltitudine delle specie. Il diritto dell'individuo persona ad esistere è innato, proviene dalla natura che lo fornisce anche alle altre specie e agli individui che le compongono, ciascuno dei quali, dall'albero al falcone alla persona dotata di mente, vuole, disperatamente vuole esistere e adopera tutti gli strumenti che la natura gli ha fornito per esistere.
Per soddisfare questo diritto "biologico" l'individuo entra necessariamente in conflitto con tutto ciò che lo circonda, con l'obiettivo, per lui primario, di guadagnare e preservare lo spazio di cui ha bisogno. Le radici di due alberi nati troppo vicini tra loro si disputeranno il terreno da cui traggono alimento e la luce che gli serve per la fotosintesi senza la quale appassirebbero. E se lo spazio è troppo ristretto uno dei due finirà col morire diventando uno stecco senza più fronde nè linfe. A maggior ragione ciò si vede nel regno animale ed in quello degli uomini. Ho sentito l'altra sera il nostro telepredicatore nazionale esaltare l'innocenza dei bambini, il loro candore, la loro innata bontà.
L'età dell'oro, insomma. Ma è falso. E' un falso luogo comune. Il bambino è certamente innocente, ha mangiato soltanto i frutti dell'albero della vita e non ancora quelli della conoscenza. Nè sa che cosa sia il peccato. Ma la bontà dei bambini non esiste. La predominante necessità d'ogni bambino è quella di conquistare il suo territorio, attirare su di sè l'attenzione di tutti, vincere tutte le gare, appropriarsi di ciò che desidera. Togliendolo agli altri. Vincendo sugli altri. Sottomettendo gli altri.
Questo è l'istinto primordiale, innato, esclusivo. E spetta a chi li educa insegnare a contenere l'istinto primordiale, a rispettare gli altri, la roba degli altri e addirittura a condividere la propria con gli altri.
 
Questa disponibilità non è affatto innata ma indotta. Dalla cultura, dall'insegnamento degli adulti. E, infine, poichè quell'istinto primordiale ci accompagna fino alla morte, educare e al bisogno limitarlo, spetta alle leggi sulle quali si fonda la Città terrena. I cui fondatori e reggitori si imposero sugli altri con la violenza della scaltrezza o con quella della forza per acquistare il potere ed esercitarlo. Nessuno è stato ed è esente da questo peccato originario, fondato sull'unico diritto innato: la sopravvivenza dell'ente e il dispiegarsi della sua potenza. Il Papa, quando rispolvera il diritto naturale e lo riconduce al Creatore e chiede che le leggi e la gestione della comunità civile siano improntate alle sue indicazioni, non fa che esprimere la volontà di espansione e potenza dell'ente da lui rappresentato. Esprime attraverso comandamenti religiosi la volontà di potenza della sua religione. Non so perchè questo obiettivo sia chiamato oggi "buona laicità". Ma se un confronto ci deve essere tra la Chiesa e il mondo moderno, il dicorso e l'analisi debbono andare molto al di là delle trovate lessicali. La "buona laicità" odora da lontano di teocrazia. Non vorrei che il confronto con l'Islam ci portasse ad imitarlo nel peggio anzichè suggerire agli islamici di scoprire il meglio delle loro e delle nostre Scritture.
 
(Scalfari da Repubblica del 23.10.2005)

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